Capitolo 3 : Ombre del passato

Era notte fonda a Bordeaux. Il vento soffiava deciso tra i vicoli stretti, trasportando l’odore salmastro del fiume Garonna. Un uomo camminava rapido sotto i lampioni a gas, il cappotto scuro chiuso fino al collo. Portava con sé una borsa di cuoio consunta, tenuta saldamente da una mano, mentre con l’altra toccava di tanto in tanto il cappello calato sugli occhi, quasi per assicurarsi che fosse al suo posto.

Si fermò davanti a un piccolo edificio dall’aria dimessa, un vecchio laboratorio con le insegne ormai scolorite. Non esitò ad aprire la porta e a entrare.

Dentro, una donna era già in attesa. Indossava un abito semplice e un foulard scuro le copriva i capelli. Era seduta a un tavolo di legno al centro della stanza. Accanto a lei c’era una piccola candela accesa e un panno di velluto rosso, piegato con cura.

L’uomo si tolse il cappello, rivelando un viso magro e scavato, con occhi intensi e indagatori. Non salutò, né si sedette. Si limitò a restare in piedi, osservandola.

“L’hai portato?” chiese lei, con voce bassa e misurata.

La donna non rispose subito. Aprì il panno di velluto e ne estrasse un piccolo orologio da taschino in oro. Era perfettamente lucido, come appena lucidato, ma la sua lavorazione antica rivelava un passato importante. Sul retro era incisa una frase in latino: “Ab amico reconciliato cave.”

Lo porse verso di lui con una mano ferma, ma i suoi occhi tradivano una tensione che le labbra serrate cercavano di nascondere. L’uomo non lo prese subito.

“Perché ora?” domandò, senza muoversi.

Lei si strinse nelle spalle, come se la risposta fosse ovvia. “Non è più mio.”

Lui rimase in silenzio per un momento, poi prese l’orologio. Lo girò tra le mani, lo aprì e osservò le lancette: bloccate su mezzanotte e cinque. Si portò l’oggetto vicino al viso, come per saggiarne il peso, poi lo infilò nella tasca interna del cappotto.

“Non te lo chiederò più indietro,” aggiunse lei, con una freddezza che non nascondeva completamente l’emozione.

L’uomo annuì appena, poi lasciò cadere lo sguardo sul tavolo. Notò che, dove prima era posato l’orologio, restava solo un’impercettibile traccia sul velluto. Si mise in tasca anche il panno, senza chiedere permesso.

“E adesso?” chiese, alzando finalmente lo sguardo su di lei.

“Adesso non c’è più niente da dire,” rispose la donna. Si alzò, girandosi verso la finestra, lasciando che l’ombra del suo corpo interrompesse la luce fioca della candela.

L’uomo restò ancora qualche istante, osservandola. Poi, senza dire altro, si rimise il cappello e uscì.

Quando il rumore dei suoi passi svanì nel vento, la donna si lasciò cadere sulla sedia, posando le mani sul tavolo. Le sue dita tremavano appena, ma il suo viso rimase immobile. Chiuse gli occhi per un lungo momento, poi spense la candela con un soffio deciso.

La stanza fu inghiottita dal buio.


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